Il costo standard come soluzione al distanziamento sociale
di Luca Vitale e Anna Monia Alfieri
Questo articolo è pubblicato su LeoniBlog
Impatto Covid su istruzione
Le ripercussioni dello shock esogeno Covid-19 sono evidenti e declinabili in due diverse forme. Da un lato il virus ha ovviamente messo sotto pressione i conti pubblici, costringendo ad un improvviso incremento del debito pubblico per fronteggiare nel breve periodo i danni all’economia. Dall’altro lato, dalla cosiddetta fase 2 in poi, l’epidemia ha costretto ad un ripensamento dei sistemi gestionali ed organizzativi di istituzioni pubbliche e private. Distanziamento sociale, sanificazioni e salvaguardia della salute dei cittadini hanno imposto costi indiretti di riorganizzazione degli orari e degli spazi di lavoro. L’istruzione pubblica è da questo punto di vista emblematica.
Le difficoltà economiche causate dal Covid hanno infatti avuto un impatto diretto sul settore paritario dell’istruzione. Secondo le stime, circa un terzo degli istituti paritari è destinato a scomparire a causa del peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie italiane dovuto ai mesi di lockdown. Andando più nello specifico, si stima che un terzo degli studenti attualmente iscritti alle scuole paritarie (circa 260mila studenti) non potranno proseguire e dovranno iscriversi nelle scuole statali. La naturale conseguenza sarà un aumento della diseguaglianza nell’accesso ad un’istruzione di qualità: le scuole paritarie che resteranno aperte post-Covid aumenteranno ancor più l’ammontare delle proprie rette impedendo l’accesso ad una fascia di popolazione che oggi può invece permetterselo. I ricchi potranno scegliere tra scuola pubblica o paritaria, i meno abbienti no.
Il secondo effetto Covid sull’istruzione italiana è indiretto ed è stato portato alla luce dalla stessa Ministra Azzolina nelle linee guida recentemente pubblicate: il distanziamento sociale di un metro impone che il 15% degli studenti debba essere ricollocato fisicamente al di fuori degli istituti scolastici oggi esistenti.
Conseguenza dei due problemi sopra riportati è un aumento dei costi che lo Stato si troverà a fronteggiare. Oggi, secondo i dati MIUR, lo Stato spende in media 752? per studente paritario contro i 6006? per uno studente statale. Il calcolo del primo è stato effettuato in un precedente studio IBL (PDF) mentre il secondo numero merita delle considerazioni separate: 6006? è il costo medio per studente calcolato dal MIUR, tuttavia è verosimile pensare che esso rappresenti un limite inferiore piuttosto che una stima puntuale (si guardi ad esempio studio Deloitte in collaborazione con CIVICUM che stima in circa 10mila euro per studente la spesa pubblica in istruzione). Il 30% degli studenti paritari che migreranno verso la scuola pubblica è pari a 260.042, di conseguenza il costo per le casse dello Stato sarà pari a 1.595.066.313? a cui va sommata una stima del 20% per i costi aggiuntivi legati alla necessità di trovare nuovi luoghi fisici in cui collocare gli studenti. E’ una stima non puntuale ma di natura prudenziale. Il totale sarà pari a 1.874.171.099?. A tale cifra va ovviamente sottratto l’ammontare che lo Stato oggi spende per questo 30% di studenti paritarie e che, nel caso di migrazione verso la pubblica, smetterebbe di versare (circa 195 milioni). Per affrontare il problema è stato proposto un emendamento al decreto Rilancio per chiedere la detraibilità integrale del costo delle rette versate alle scuole pubbliche paritarie dalle famiglie nei mesi di sospensione della didattica in presenza (tetto massimo 5.500 euro).
I costi legati al ricollocamento del 15% degli studenti causato dalle regole sul distanziamento saranno molto rilevanti. Su un totale di 7.599.259 studenti delle scuole pubbliche i ragazzi interessati saranno 1.139.889. L’aumento dei costi risiede nella necessità di trovare nuovi spazi fisici, nuove scuole e nuovi edifici (definiti sempre come costi che non possono essere assorbiti e quantificati approssimativamente al 20% del costo medio per studente) ma anche nella duplicazione di alcuni dei costi fissi che già entrano nel costo medio per studente. A titolo di esempio, saranno necessari nuovi insegnanti e nuovi contratti con fornitori pur mantenendo i precedenti. Andrebbero inoltre tenuti in considerazione anche i costi sociali legati ad un ricollocamento del 15% degli studenti, molti dei quali si troverebbero ad affrontare nuove condizioni di studio nel pieno del proprio percorso scolastico.
Costo standard di sostenibilità
Il finanziamento dell’istruzione pubblica può essere considerato una voce fondamentale all’interno dei bilanci pubblici delle democrazie avanzate. Nel 2018 l’OCSE stimava al 4,6% del PIL tale spesa nei paesi dell’Unione Europea e al 4% nel nostro paese. I continui risultati scadenti degli studenti italiani nei test PISA hanno sollevato il tema dello scarso impegno dei governi che si sono succeduti negli ultimi decenni nel considerare l’istruzione una priorità. Nell’ultimo test INVALSI del 2018 i ragazzi italiani hanno ottenuto punteggi sotto la media europea nelle tre aree analizzate: lettura matematica e scienza. In quest’ultima, in particolare, il gap con la media UE è stato di circa 30 punti (468 vs 489). E’ evidente che l’Italia investa meno in istruzione rispetto a paesi a noi comparabili, soprattutto se tenuto conto del livello di spesa pubblica totale: la spesa in istruzione ha costituito l’8,2% del totale del nostro deficit nel 2018, percentuale più bassa tra i 27 paesi dell’UE. L’Italia quindi spende poco, sì, ma spende anche male. Il finanziamento alle scuole – tramite la famiglia – trova fondamento non nel sostegno diretto a “imprese private”, ma nel fatto che lo Stato ha riconosciuto costituzionalmente e con la L. 62/2000 il diritto dei genitori alla scelta educativa in una pluralità di offerta formativa pubblica e garantita, che può essere, come per la Sanità, a gestione statale o non statale. Infatti “pubblico” non è sinonimo di “statale”. E’ lo stesso OCSE ad indicare i due principi cardine verso cui l’Italia deve orientare future riforme scolastiche: equità e qualità. E’ stato già sottolineato come i finanziamenti per gli istituti paritari costituiscano solo una minima parte del totale, a fronte di una quota consistente di studenti iscritti (si veda focus IBL: PDF). Ciò che spesso non viene presa in considerazione è la possibilità di ottenere risultati migliori in termini di efficienza economica e di apprendimento per gli studenti mantenendo lo stesso livello di spesa e, addirittura, risparmiando. La soluzione del costo standard per studente può in tal senso costituire un miglioramento dell’attuale forma di finanziamento del sistema scolastico italiano costituendo un incentivo all’efficientamento e liberando le energie della concorrenza tra istituti con un possibile innalzamento della qualità generale.
Il costo standard di sostenibilità si presenta come “quota capitaria” spettante all’alunno, che lo assegna poi alla scuola prescelta. L’aspetto decisivo del costo standard di sostenibilità(declinabile in convenzioni, detrazioni, buono scuola, voucher, ecc.) sta nel riconoscere concretamente la titolarità, in ambito educativo e formativo, della persona e della famiglia. Tale titolarità si esercita attraverso una “libertà di scelta educativa”. La misura si basa su un’analisi razionale dei costi di ogni singola tipologia di istituto scolastico (dalla scuola dell’infanzia fino agli istituti superiori di secondo grado) attraverso lo studio dei bilanci scolastici. Appare quindi evidente che la denominazione ”standard” è fuorviante, in quanto l’aspetto chiave di tale soluzione è proprio la diversa composizione del costo al variare del tipo di istituto preso in considerazione. Presentandosi come un vestito fatto su misura per ogni scuola, il costo standard permette di ridurre eventuali spese non necessarie e allo stesso tempo incentivare un utilizzo efficiente delle risorse da parte degli amministratori delle strutture scolastiche. Il tavolo di studio per il costo standard di sostenibilità per allievo è stato istituito con Decreto Ministeriale n. 917 del 22/11/2017.
L’idea sottostante il costo standard è quella di quantificare le uscite economiche annuali per ogni tipologia di istituto scolastico. C’è da precisare che difficilmente il costo stimato sarà l’effettivo costo che la scuola andrà ad affrontare, ma è proprio nella possibilità di essere più efficienti attraverso diversi assetti organizzativi e gestionali che tale misura incentiva la sana competizione tra istituti scolastici e il conseguente aumento di qualità della didattica. Andando nel concreto, le voci prese in considerazione ai fini delle stima sono le seguenti: assicurazione, cancelleria, materiali di consumo, materiali e sussidi cartacei, materiali e sussidi tecnologici, personale docente assunto, personale non docente, manutenzioni ordinarie, accantonamento manutenzioni straordinarie, interessi passivi su mutuo per manutenzioni straordinarie, utenze, pulizie, personale di coordinamento, progetti territoriali, progetti lingua straniera, progetto disabilità, progetto disturbi dell’apprendimento, progetto integrazione stranieri, comunicazione, personale di segreteria, corsi di formazione, investimento in tecnologia, interessi su finanziamenti specifici per tecnologia, manutenzione spazi esterni e perdita su crediti. A tali costi per studente vanno sottratti il margine di utile minimo su buoni pasto, margine di utile minimo su attività extra-scolastiche e margine di utile minimo ottenibile da raccolte fondi, eventi, etc.. I dati si basano sui bilanci di un campione di scuole e sono integrati con alcune informazioni quali la retribuzione lorda del personale docente o personale segreteria secondo i contratti collettivi nazionali o le richieste dirette di preventivi ad eventuali fornitori. L’analisi condotta da Alfieri, Grumo, Parola (Alfieri, Grumo, Parola Il diritto di apprendere Nuove linee di investimento, Ed. Giappichelli 2015) è basata sull’ipotesi standard di 25 studenti per classe. Le criticità dei finanziamenti a pioggia vengono affrontate in due modi:
- Il costo standard tiene conto attraverso le voci di cui è composto della presenza di studenti disabili all’interno della classe. La somma erogata per studenti in queste particolari classi sarà di conseguenza maggiore, dato il maggior costo che l’istituto stesso si trova ad affrontare
- La somma erogata a studenti appartenenti a famiglie bisognose sarà pari al 100% del costo standard. Per studenti non appartenenti a questa definizione sarà erogato un ammontare pari al 70% del costo.
La tabella allegata in fondo alla pagina, riporta i risultati.
Una volta stabilito il costo standard per tipologia di istituto scolastico possono essere messi in atto dei meccanismi di valutazioni delle performance che incentivino a gestire in maniera efficienti i fondi ottenuti. A titolo esemplificativo, può essere applicato un coefficiente inferiore ad 1 per le scuole con un numero inferiore a 3 classi, scoraggiando in questo modo modelli di gestione micro che impediscono la nascita di economie di scala considerevoli. Alternativamente possono essere applicati diversi coefficienti in base alla qualità della didattica attraverso la costruzione di parametri oggettivi che rispecchino i classici concetti di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza con cui si è soliti valutare le performance di aziende o altre emanazioni statali. Il fine ultimo è sempre quello di migliorare la qualità dell’istruzione senza gravare sulle casse statali.
Ogni decisione in economia pubblica ed ogni policy attuata dai governi racchiuderà sempre in sé un inevitabile trade-off tra efficienza ed equità. Nel momento in cui lo Stato decide di intervenire nell’ambito dell’istruzione dei suoi cittadini è costretto ad affrontare il trade-off e a prendere le iniziative che ritiene più adatte. L’attuale sistema di finanziamento scolastico può essere considerato inefficiente sotto due punti di vista fondamentali: l’alta percentuale di sprechi nonostante una spesa esigua in relazione alla spesa pubblica totale e i risultati non incoraggianti degli studenti ottenuti nei test comparabili a livello internazionale. E’ stato dimostrato come il costo standard di sostenibilità per studente possa migliorare la situazione sotto questi due punti di vista, lasciando pressoché invariato l’aspetto dell’equità. Quest’ultimo è infatti preservato dalla differenza di trattamento di studenti appartenenti a famiglie bisognose. Come precedentemente sottolineato, tali studenti riceveranno il 100% del costo standard, mentre la restante parte avrà diritto esclusivamente al 70% e le famiglie dovranno contribuire per il restante 30%. In tal modo vengono appiattite ancor di più le diseguaglianze sociali ed economiche, già appiattite attraverso il normale sistema fiscale progressivo.
Incentivare la concorrenza tra scuole sotto l’occhio vigile dello Stato lascerebbe immutato il diritto di accesso all’istruzione ma aumenterebbe notevolmente il diritto alla libertà di scelta della singola famiglia. Il settore dell’istruzione non è influenzato dai tipici fallimenti del mercato che incoraggiano una riduzione della concorrenza, ma si presenta come un settore chiave per la crescita economica di un paese. E’ in quest’ultimo aspetto che risiede la necessità di uno Stato garante che non deve però eliminare le specificità dei singoli istituti scolastici. L’attuale sistema di finanziamento penalizza fortemente gli istituti paritari, ancor più penalizzati dalla crisi post-Covid19. Diventa quindi necessario cercare nuovi metodi per salvare il pluralismo e salvaguardare la libertà di scelta delle singole famiglie. Il metodo del costo standard e la conseguente possibilità di scegliere, per la famiglia, fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria possono essere una soluzione.
Il costo standard come soluzione al distanziamento sociale
Una soluzione per il milione di studenti di scuola pubblica che necessita una nuova collocazione e nuovi spazi fisici consiste proprio nel permettere che tali studenti abbiano la possibilità di migrare verso le paritarie, garantendo così l’inserimento in contesti già funzionanti e votati all’istruzione e minimizzando i costi sociali. Le scuole paritarie si sono infatti già rese disponibili ad accogliere gli studenti in esubero nelle scuole pubbliche (vedere nota congiunta USMI e CISM). Il meccanismo attraverso il quale permettere questa migrazione è il modello Pisapia-Castelli, che risale a quanto accaduto nel2013 a Milano: date le lunghe liste d’attesa presso gli asili comunali, il sindaco Pisapia comprese che conveniva a tutti dare 2 mila euro di quota capitaria alle famiglie, le quali liberamente avrebbero da allora potuto scegliere la scuola paritaria in grado di accogliere i loro bambini. In questo modo le liste d’attesa furono eliminate con soddisfazione di tutti: le mamme tornarono al lavoro, i cittadini videro ben speso il denaro proveniente dalle tasse, il Comune risparmiò. La soluzione potrebbe quindi essere quella di affidare una quota capitaria alle famiglie che ne fanno richiesta e permettere loro di iscrivere il proprio figlio ad una scuola paritaria. In questo modo verrebbero aiutati anche gli istituti paritari che, come abbiamo visto, vedranno un inevitabile calo della domanda. L’ammontare della quota capitaria potrebbe essere stabilito proprio in funzione del costo standard di sostenibilità. Lo Stato, in questo modo, a fronte di una spesa media di circa 5500 euro per studente che ne fa richiesta, e di 752 euro di costo medio per studente di scuola paritaria, risparmierebbe i circa 6006 euro di costo medio per studente pubblico e la spesa necessaria alla costruzione/riqualificazione di edifici scolastici (quantificata approssimativamente al 20% delle costo medio). Il voucher potrebbe quindi presentarsi come soluzione di breve periodo per i problemi sorti in seguito al Covid e getterebbe le basi per future riforme di più ampio raggio verso un maggiore utilizzo del costo standard di sostenibilità.